Articolo ripreso da www.oukside.com, a questo link http://www.oukside.com/blog/fitness/item/succhi-di-frutta Articolo di Wanda Rizza Considerati innocui e leggeri, i succhi di frutta non sono bevande salutari come il food marketing vorrebbe farci credere. È vero, sono spesso presenti in frigorifero e, ahimè, nel cestino della merenda di quasi tutti i bambini, ma questo articolo vi spiegherà perché è meglio non comprarli più o addirittura vi farà passare la voglia di comprarli Identikit e legislazione Iniziamo con qualche definizione, noiosa ma necessaria. La classificazione merceologica dei succhi di frutta è riportata nel Decreto Legislativo n. 20 del 19.02.2014 dal quale si evincono le differenze tra “Succo di frutta”, “Succo di frutta da concentrato”, “Succo di frutta concentrato”, “Succo di frutta estratto con acqua” e “Nettare di frutta”. Come si può intuire, la classificazione è molto dettagliata, e di conseguenza le definizioni presenti sulle confezioni si riferiscono a prodotti diversi tra loro. Il termine “Succo di frutta”, infatti, si riferisce alle bevande a base di sola frutta, e può essere naturale o ricostituito da concentrato, mentre “Nettare di frutta” è la poetica definizione usata per le bevande composte da una minore percentuale di frutta (25-50%) e acqua, con eventuale aggiunta di zucchero o miele. Nei succhi, inoltre, è autorizzata la miscelazione di succo e purea o di concentrato e purea. In tutti i casi, la legge prevede una lista di additivi e trattamenti autorizzati nella produzione di queste bevande. Categoria a parte è quella che include tutte le “bevande alla frutta” o “al gusto di frutta”, in cui la percentuale di frutta è ancora più bassa (12-15%) Inoltre, il provvedimento denominato “attuazione della Direttiva 2012/12/UE che modifica la Direttiva 2001/112/CE concernente i succhi di frutta e altri prodotti analoghi destinati all’alimentazione umana” e pubblicato nel 2014 nella Gazzetta Ufficiale n. 57, ha migliorato il decreto precedente vietando l’aggiunta di zucchero o di edulcoranti nei succhi di frutta, e costringendo le aziende produttrici a non poter adoperare diciture quali “senza zuccheri aggiunti” e simili nella commercializzazione di questi prodotti, sia nella pubblicità sia in etichetta. Nello specifico, la dicitura “senza zuccheri aggiunti” ormai può essere usata solo per i nettari di frutta che non contengono monosaccaridi o disaccaridi aggiunti né, ovviamente, edulcoranti. In questi casi si può aggiungere il claim “contiene naturalmente zuccheri”. Questi accorgimenti derivano dall’applicazione del provvedimento base sui claims nutrizionali in relazione alla salute (Regolamento CE 1924/2006), riguardante “ogni informazione, messaggio stampato/raffigurato oppure audio e/o video che suggerisca o sottolinei caratteristiche possedute da un alimento”, nato per impedire l’utilizzo di claims nutrizionali inappropriati e soprattutto non rispondenti a verità. A tale scopo, conoscere meglio la legislazione riguardante le materie prime utilizzate per la produzione dei succhi di frutta può essere d’aiuto per fare ulteriore chiarezza. Queste informazioni sono contenute nell’Allegato 2 del D.L. 20/2014. 100% polpa di frutta? Senza dilungarci oltre sugli aspetti burocratici, cerchiamo di capire perché termini quali “puro”, “naturale”, “light”, “100% polpa” e simili, non siano altro che stratagemmi adottati dal marketing per aggirare il consumatore. Per esempio, quando leggiamo “50% polpa di pesca”, non significa che il 50% di succo sia effettivamente costituito dalla polpa del frutto, bensì si tratta di un 10-15% di concentrato al quale è stata aggiunta una quantità X di acqua per ricostituirlo, raggiungendo così il fatidico 50%. E lo stesso discorso vale per tutte le percentuali, con proporzioni diverse in base al contenuto di polpa e acqua di partenza, diverso per ciascun frutto. Purtroppo, il bombardamento pubblicitario fatto di illusori messaggi salutistici convince spesso i consumatori che un bicchiere di succo di frutta equivalga o sia addirittura meglio di un frutto fresco. Ma questo liquido colorato può davvero sostituire una mela o una pera? L’analisi nutrizionale ci fornisce la risposta. Il profilo nutrizionale Anche il succo più “naturale” e con la maggiore percentuale di polpa di frutta apporta esclusivamente acqua, zuccheri semplici e additivi - cioè acido citrico, aromi (soprattutto anidride solforosa), chiarificanti e acido ascorbico -, necessari per garantire una buona shelf-life al prodotto. La vitamina C, sia chiaro, viene aggiunta per preservare il colore del succo grazie alla sua azione anti-ossidante, ma non vi aggiunge alcun valore nutrizionale. A differenza della frutta fresca, inoltre, i succhi di frutta non contengono neppure un grammo di fibra alimentare (per l’esattezza, in molte etichette troverete 0,3-0,8 g/100 mL), per non parlare di enzimi, minerali e vitamine (se non i pochi mg di vitamine A, C, E aggiunti all’omonimo succo). Tutti i micronutrienti e gli enzimi contenuti nella frutta, infatti, vengono persi nel trattamento termico ad alta temperatura che ha luogo nelle prime fasi di produzione. Il contenuto energetico finale, quindi, è elevato ma sbilanciato: un succo di frutta apporta calorie solo in forma di zuccheri, e in certi casi anche più di altre bibite zuccherate o gassate. Peccato che il danno non sia solo questo. C’è molto di più. Quasi dimenticavo, la frutta di partenza è quella di peggiore qualità, derivante dagli scarti del consumo fresco. Conseguenze metaboliche La concentrazione zuccherina dei succhi di frutta li rende estremamente dolci, e ciò fa sì che anche un solo bicchiere sia in grado di innescare una risposta metabolica non indifferente. In primis, la facilità di assorbimento degli zuccheri contenuti in qualsiasi succo di frutta determina un repentino aumento della glicemia, e ciò stimola il pancreas a secernere l’insulina necessaria per favorire l’ingresso di glucosio nelle cellule e per riportare, quindi, la glicemia entro il valore fisiologico. Naturalmente, lo stimolo pancreatico è proporzionale all’innalzamento glicemico. Questo avviene specialmente a stomaco vuoto, ma l’effetto è altrettanto importante anche quando il succo di frutta è assunto con altri alimenti glucidici (il classico bicchierone di succo d’arancia con pancarrè e marmellata). Fin qui, niente di strano. Si sa, infatti, che l’assunzione di carboidrati innesca questo meccanismo, e qualsiasi organismo sano può tranquillamente compensare il picco glicemico con una certa efficacia (non sempre per la gioia del pancreas, sì per quella del grasso corporeo). Il discorso cambia, però, per le persone diabetiche: in questi casi, lo sforzo richiesto al pancreas è nettamente superiore, e può accelerarne la riduzione della funzionalità. Non solo, anche nei bambini, nelle persone sovrappeso, obese, con sindrome metabolica o altre patologie correlate al metabolismo - e in tutti quei casi in cui vi sia familiarità per queste condizioni -, l’assunzione frequente di zuccheri semplici predispone o contribuisce al peggioramento della funzionalità pancreatica, favorendo l'insorgenza di iperinsulinismo, insulino-resistenza e iperglicemia, tutti ottimi presupposti per lo sviluppo del diabete. Le conseguenze di queste alterazioni metaboliche, inoltre, non si limitano al solo metabolismo glucidico, bensì possono estendersi a tutto l’organismo e favorire l’insorgenza di malattie multifattoriali. Per esempio, una dieta ricca in zuccheri semplici andrebbe accuratamente evitata in presenza di dislipidemia e/o rischio cardiovascolare, in quanto gli zuccheri in eccesso determinano l’aumento della trigliceridemia, favoriscono l’ossidazione delle proteine in circolo e alterano il metabolismo lipoproteico, determinando in particolare l’aumento delle sd-LDL (lipoproteine piccole e dense predisposte all’ossidazione, che oltrepassano facilmente l’endotelio vascolare e concorrono alla formazione delle placche ateromatose) (1-3). Sugar addiction o dipendenza da zuccheri C’è poi un altro aspetto da prendere in seria considerazione, e cioè l’effetto degli zuccheri a livello cerebrale. In altre parole, la loro capacità di creare dipendenza. Naturalmente, questo discorso può essere esteso a molti altri alimenti glucidici (vedi merendine, snack confezionati e tutta la categoria di crackers & prodotti da forno, oggetto della food review sui cracker), ma in questo caso cade proprio a fagiolo, vista la “purezza” e pronta disponibilità degli zuccheri contenuti nei succhi di frutta. Come si innesca questo meccanismo di dipendenza? L’ingestione di zucchero ha un forte impatto sul nucleus accumbens, un’area del nostro cervello coinvolta nei meccanismi di ricompensa e apprendimento. Il segnale inviato dallo zucchero a tale nucleo, in particolare, attiva una via nota come reward pathway, in cui il neurotrasmettitore coinvolto, la dopamina, è la molecola responsabile della sensazione di piacere e gratificazione che si traduce nel desiderio di ripetere l’esperienza (4). Questa via, di per sé fisiologica, è attivata da stimoli che gratificano e soddisfano, come l’assunzione di un cibo che piace, l’ascolto di buona musica, il sesso o l’uso di sostanze stupefacenti. Il problema è che gli zuccheri (a differenza di altri nutrienti e, viceversa, in modo simile ad alcune sostanze stupefacenti) fungono da “superstimoli” nei confronti della secrezione dopaminergica, e di conseguenza questo neurotrasmettitore invade il nucleus accumbens con ritmo e intensità tali da far andare il sistema in iperattività ed i recettori dopaminergici in tilt (5). Questo si traduce nello stimolo ad assumere altro zucchero, azione che a sua volta rinforza il meccanismo di reward, ed ecco che il cervello ne chiede ancora, e ancora, e ancora (6). La soglia da superare per provare piacere si alza sempre di più, e ciò favorisce l’avvio della dipendenza (o addiction). L’addiction, a sua volta, dà origine al craving (letteralmente “provare una voglia matta di”), comportamento che descrive molto bene il bisogno incontrollato di mangiare cibi ricchi di zucchero (o di assumere una determinata sostanza), soprattutto dopo un periodo di astinenza. Per capire l’entità di tale fenomeno, basti sapere che l’effetto del meccanismo innescato dagli zuccheri, sia naturali sia artificiali, può essere più potente di quello attribuito alle classiche sostanze d’abuso (eroina, cocaina, nicotina e altre), come è stato dimostrato in molti studi sui topi (6-9). Quanto detto finora, quindi, deve far riflettere sul fatto che assumere zucchero tutti i giorni, soprattutto in forme altamente disponibili, può predisporre i recettori della dopamina al malfunzionamento, favorendo l’instaurarsi di addiction e cravings, con tutte le conseguenze precedentemente accennate. Naturalmente, la fonte alimentare ha una sua importanza, e alcuni ipotizzano che più gli zuccheri siano raffinati e artificiali, maggiore possa essere l’effetto in termini di dipendenza. Ma ciò non significa che lo zucchero “naturale” sia da ritenersi innocuo. Sempre zucchero è. Nel caso specifico dei succhi di frutta, come abbiamo visto in precedenza, questi possono contenere zuccheri sia naturali sia aggiunti (saccarosio e sciroppo di fruttosio), e dunque la domanda sorge spontanea: “quelli senza zuccheri aggiunti sono meno dannosi?” Purtroppo no, il discorso è lo stesso! Si tratta comunque di bevande zuccherine per la presenza degli zuccheri della frutta. Infine, nei succhi dolcificati artificialmente (con aspartame o altri dolcificanti chimici), il segnale che arriva al cervello è comunque percepito come “assunzione di qualcosa di dolce”, quindi l’effetto in termini di dipendenza si presuppone essere lo stesso (se non peggiore, visto l’abuso che si fa di bevande di questo tipo, perché “tanto sono light”). Insomma, non tentate di fregare il vostro corpo. Perché i succhi di frutta non sono indispensabili Per concludere, ricapitoliamo i motivi per cui il consumo di succhi di frutta non sia soltanto inutile, ma anche dannoso.
Riferimenti
Articolo ripreso da www.oukside.com, a questo link http://www.oukside.com/blog/fitness/item/succhi-di-frutta |
LA VITAMINA K
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